
Quella di Giovanni non è solo la storia di uno dei sei milioni di italiani che hanno deciso di vivere all’estero, è molto di più: è una vicenda che racconta anni di coraggio, di voglia di riscatto, di caparbietà.
Il suo destino, facilmente, sarebbe statoquello di tanti giovani del Sud a cui è negata d’ufficio la possibilità di trovare un lavoroduraturo, condannati a sfruttare l’estate, quando le zone dove vivono da quasi desolate si trasformano in mete turistiche zeppe di gente, e per loro significa l’occasione per trovare qualcosa da fare, prima che tutti facciano le valigie per ripartire.
Giovanni a vivere così ci ha provato in tutti i modi, ma quando ha capito che quell’aria avrebbe finito per soffocarlo ha raccolto tutto il coraggio che aveva ed è partito per l’Australia.
E se neanche lì nessuno gli ha regalato nulla e la fatica è stata tanta, ne è valsa la pena perché è stata l’occasione per conoscere gente di tutto il mondo, imparare usi e costumi di popoli lontani, trovare lavoro e, per caso – come piace organizzare al destino – incontrare l’amore, quello vero. Un amore così grande da far volare Giovanni in Giappone, e ricominciare tutto da capo, di nuovo, per inseguirlo.
Ma ancora una volta ne è valsa la pena: Giovanni si sposa, trova lavoro e si sistema, come dicono dalle sue parti.
Il destino però non ha ancora finito con lui, e decide di sferrargli un colpo mancino: lui e sua moglie non possono avere figli, e basta poco per capire che il problema è di Giovanni. E non è un problema qualsiasi, anzi, a sentire e vedere tutti gli altri uomini su questa terra, non è proprio un problema, perché non ne parla nessuno.
E invece esiste, nascosto sotto il tappeto di vergogna dell’uomo “che non deve chiedere mai”.
Risolverlo costa fatica, impegno e mesi di sofferenze fatti di esami, interventi, speranze, lacrime e amarezze, ma alla fine – ancora una volta – è il destino a battere in ritirata: oggi, lui e sua moglie sono
genitori di due splendidi bambini, una femminuccia e un maschietto.
Ed è qui che Giovanni capisce che è ora di tirare fuori un’altra dose massiccia di quel coraggio che non gli è mai mancato:
raccontare la sua vicenda dall’inizio alla fine non per farne un vanto, ma pensando a chi – com’è successo a lui – vive la sua stessa condizione, con le spalle al muro, ma tace perché ovunque, anche nei posti dove la società sembra più progredita e tollerante, certi problemi faticano a passare: è molto più facile sorridere o far finta di niente piuttosto che sforzarsi di capire.
Giovanni non scrive per riscatto o per rivincita, ma perché viaggiando e confrontandosi con persone tanto diverse,ha imparato quanto è bello e importante potersi fidare degli altri, senza giudicare o essere giudicati per il proprio modo di essereo le proprie scelte.
Si può vincere o perdere, e il rosso ha lestesse probabilità di uscire del nero, ma l’importante è giocare sempre, vivere e battersi per avere la vita che sogni.
È questo che Giovanni vuole trasmettere ai suoi figli e a chiunque leggerà questo libro,perché così facendo è possibile guardarsi ogni sera allo specchio in pace con la propria coscienza, ovunque si decida di posare la valigia.
Carmelo Abbate
